Vai a Napolitudine ...

lunedì 10 gennaio 2011

finalmente quello che cercavo sull'acqua

Finalmente la risposta alla percentuale di acqua che deve contenere un pane :

dal 60 fino all'85% di acqua!

Bellissimo questo sito:

http://www.artisanbakers.com/crumb.html

esperimenti con la farina di kamut

allora oggi proviamo a fare il pane di kamut.
Ho impastato con il mio lievito di pasta madre che precedentemente avevo rinfrescato con un misto di farine di kamut e farro.
Ho notato che queste farine, avendo meno forza, rendono il lievito madre un po' piu' devole, comunque...

Avevo lasciato il lievito senza rinfresco, per la prima volta, in frigo per quattro giorni, l'ho trovato un po' acido quindo ho proceduto a fare un bagnetto (mezz'ora in acqua con un cucchiaino di zucchero e voilà è venuto a galla!!!).
Ho fatto raddoppiare di volume il lievito di pasta madre (circa 4 ore) e poi ho proceduto con l'impasto.

Ho fatto due panetti con 600 grammi di farina di kamut ognuno.
Nel primo ho messo circa 300 grammi di lievito di pasta madre e 300 grammi di acqua con un pizzico di sale. Mi sono resa conto che è un po' asciutto ma ho preferito lasciarlo così.

Il secondo impasto l'ho fatto con 400 gr di acqua, è piu' morbido ma credo che potrei osare anche almeno 100 grammi di acqua in piu'.

Ho lasciato lievitare 4 ore e ho notato che mentre il primo impasto è crescuto poco il secondo invece ha una volta e mezza il volume.

A questo punto ho deciso di procedere alla formatura e lasciare lievitare fino al raddoppio del volume .
Ho scelto di fare due baguette come mostra bene il signor vittorio del sito www.vivalafocaccia.com.

Ora sono a lievitare penso che domani mattina infornero'...
A presto le foto :-) e l'assaggio!

giovedì 11 novembre 2010

le mani in pasta

Questo video che ho trovato su rete studiando bonci, mi piace presentarvelo per la tecnica di impasto. Questa tecnica è ottima per ogni tipo di impasto che abbia una consistenza molto appiccicosa. Io la trovo simile a quella che mi hanno insegnato per il pan brioches, per i panettoni, per i pandori.


pane e pizza due mondi

Tanto per cominciare, cominciamo a separare. Si comincia sempre con una separazione, ma questa è un'altra storia, altre mille storie a dire il vero, le nostre.... Comunque, non divaghiamo: la prima separazione da fare è quella tra la pizza (già ve l'ho detto per me la pizza è quella napoletana!) ed il pane.
Anche se i due mondi sono molto vicini e ci sono continue incursioni dell'uno nell'altro, secondo me chi è per la tradizione e l'amore per il pane si trova immediatamente ad un bivio quando si incontra/scontra con chi ama l'impasto della pizza. Chi ha la passione per il pane e il culto, (inteso come coltivare, (chiedo ai miei amici scrittori se mi passano la licenza)) del lievito madre guarderà con scetticismo le lavorazioni dell'impasto anche della migliore pizza napoletana. E viceversa i cultori di pizza possono facilmente cadere alla tentazione di ritenere il proprio sapere anche il sapere fare il pane.
Non è cosi'.
E nelle pagine di questo blog e dei mie esperimenti con le mani in pasta tenteremo di portare avanti in maniera distinta le due scuole, almeno fino a quando non avremo assimilato questa fondamentale separazione. Poi prometto ci divertiremo a sperimentare e scoprire le nuove frontiere della gioia dell'incontro.

Ora per cominciare dalle base intanto due fondamentali.
Per il pane ho trovato in rete questo video che vi presenta soprattuto il genio (un po' mattarello a dire il vero),e di sicuro la passione per il pane di uno dei grandi che ho la fortuna di avere 'assaggiato'. guardate la sua passione per il lievito madre qui:
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E dopo Bonci che per me (almeno fino ad oggi) è il pane e i suoi derivati...
vi faccio vedere uno che ho scoperto su Alice.tv essere un buon rappresentante (almeno di quelli che vanno in video) della pizza: Antonino Esposito (vabbe' il nome è tutto un programma!):

scusate la qualità del video ma è solo per assaggio.



mercoledì 10 novembre 2010

cominciamo dalle origini .... le mie!

Per iniziare parto da casa mia.
Mi è piaciuto molto il video che vi linko tratto dal sito di alice.tv che ci porta idealmente laddove nasce la mia passione per l'impasto vero della pizza.
Tanto per sgombrare subito subito ogni dubbio su quello che secondo me è l'unica e vera pizza! Vedete il video prima di tutto:

http://www.alice.tv/articolo/la-pizza-napoletana

E poi un po' di storia, che non è male imparare.
Anche perchè a partire dalla storia vorrei svolgere con voi un'affascinante ricerca sui pani e sugli impasti di tutto il mondo perchè sono convinta che ''tutto il mondo impasta farine'' ed è li' che troverete i risultati di questo viaggio, che perchè no magari non sarà solo virtuale.
Ma intanto riprendiamo la storia della pizza(sempre tratto dal sito di alice.tv):

La pizza ha tremila anni di storia, tutte le civiltà, si può dire, hanno conosciuto forme differenti di focacce, schiacciate e simili che vedevano nell'impasto tra farina di cereali di vario genere, acqua e i più svariati condimenti una fonte di nutrimento fondamentale nella alimentazione umana.

L'antichità a noi vicina, quella che vide il fiorire delle civiltà che si affacciavano sul Mar Mediterraneo offre perciò un'ampia messe di esempi di quelli che possono considerarsi gli antenati della pizza quale noi la conosciamo.

Dall'Egitto alla Grecia classica all'antica Roma e Pompei è perciò tutto un proliferare di vivande che richiamano nella composizione e nella cottura la pizza. Numerose sono le testimonianze di scrittori greci riguardanti diversi tipi di pizza, la cosiddetta maza in greco antico: testimonianze che ritroviamo puntualmente nel mondo latino e nella Roma antica dove tra le altre versioni lievitate e non di questa focaccia troviamo la placenta e l'offa, preparata con acqua e orzo, il cereale alla base dell'alimentazione dei popoli latini.

La pizza, non volendo qui dar credito ad altre fantasiose ipotesi sulla sua origine, si presenta così come un alimento tipico delle culture che storicamente si sono affacciate sul bacino del Mediterraneo. E in una delle regine del Mar Mediterraneo, Napoli, essa troverà la sua patria e il punto di partenza di una diffusione che può ben dirsi planetaria. Numerose sono le tracce di questo alimento, che nel corso dei secoli va sempre più avvicinandosi alla forma attuale, anche in epoca medievale e rinascimentale, ondeggiando tra gusto aristocratico e consumo popolare, tra i banchetti regali e la mensa del povero: la parola 'pizza' è già attestata in epoca altomedievale e nei secoli successivi si rinvengono svariate forme locali di questo termine indicanti variazioni culinarie sul tema, dal dolce al salato, e differenti metodi di cottura. E in epoca moderna la scoperta del Nuovo Mondo recherà in Europa un elemento principe della pizza che è quasi impossibile immaginarne priva: il pomodoro.

Dopo le iniziali diffidenze, il pomodoro fece il suo ingresso trionfale nella cucina italiana, e in quella napoletana in particolare. La pizza ne sarà illustre beneficiaria avvicinandosi sempre più alla forma che oggi conosciamo. Ma è tra '700 e '800 che la pizza si afferma sempre più come uno dei piatti della cucina napoletana preferiti del popolo, entrando a pieno titolo nella tradizione culinaria di questa città: e si vanno definendo sempre le caratteristiche della pizza e dei luoghi deputati al suo confezionamento, le pizzerie.

Nel '700 la pizza viene confezionata in forni a legna per essere quindi venduta per le strade e i vicoli della città: un garzone di bottega che portava in equilibrio sul capo la stufa, recava direttamente agli acquirenti le pizze, già confezionate con diversi ingredienti e condimenti, dopo averli avvisati del proprio arrivo con sonori e caratteristici richiami.

A cavallo tra il '700 e l'800 comincia ad affermarsi l'abitudine di gustare la pizza anche presso questi forni oltre che per strada o in casa, segno del crescente favore che incontrava questa vivanda entrata ormai a pieno titolo nell'alimentazione del popolo napoletano: nasce la pizzeria nella forma che noi conosciamo e vanno definendosi anche le caratteristiche per così dire fisiche e ambientali della pizzeria quale noi la conosciamo.

Nascono le prime dinastie di pizzaiuoli napoletani: nel 1780 viene fondata la pizzeria Pietro e basta così la cui tradizione a due secoli di distanza è continuata dall'Antica Pizzeria Brandi. Tra gusto aristocratico - Re Ferdinando II di Borbone ben gradiva le pizze di 'Ntuono Testa alla Salita S. Teresa - e ancor più convinto favore popolare, la pizza si afferma come piatto quotidiano, pranzo e a cena del popolo napoletano.

Il principio del nuovo secolo vede la pizza pronta per la sua diffusione su scala nazionale e mondiale, ben al di là dei confini napoletani, che tutti conosciamo: nel corso del nostro secolo ormai al tramonto, la pizza ha conquistato consensi dall'Europa all’America al Giappone, divenendo, e non sembri una esagerazione, patrimonio dell'intera umanità
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